Prato innovativa :
Innovation insight

Caterina Arciprete

Ogni mese Città di Prato racconta le storie e le esperienze dei ricercatori del Pin, Polo Universitario di Prato. Uomini e donne che producono conoscenza e fanno innovazione.

Caterina Arciprete, classe 1986, dottorato di ricerca in Economia dello Sviluppo presso l’Università di Firenze ed un visiting presso l’Università di Oxford.
A Prato dal 2015, con il team del Laboratorio Arco, lavora a progetti di sviluppo e cooperazione internazionale. I suoi principali interessi di ricerca riguardano la disabilità, il genere e la povertà infantile.
Dal 2018, Caterina è Responsabile di introdurre il gender mainstreaming nel programma di rafforzamento delle competenze degli enti locali implementato da UNDP e dal Ministero degli Interni d’Algeria.
Ecco cosa ci ha raccontato:

Mi chiamo Caterina, sono nata a Napoli nel 1986. Da piccolissima mi sono trasferita a Bari, città in cui sono cresciuta.

(D): Quando hai capito cosa volevi fare “da grande”?
(R): In realtà ci sono arrivata per step. Sapevo che mi piacevano le lingue, volevo viaggiare e avendo fatto un’esperienza di volontariato con Emergency, volevo idealmente fare qualcosa che migliorasse la vita delle persone. La vera rivelazione è arrivata quando, durante i miei studi alla facoltà di Economia, mi sono avvicinata ad insegnamenti come Economia politica ed Economia dello sviluppo. In quel momento ho iniziato ad immaginarmi nel futuro.

Questa passione per l’economia dello sviluppo ti ha portato a Firenze.
Esatto. Una volta rientrata in Italia dopo l’Erasmus a Bruxelles è iniziata la mia avventura fiorentina.
Mi ricordo che cercai su Google: “Economia dello sviluppo Italia” e scoprii che a Firenze c’era un corso molto valido.
Era quello che volevo fare e sono riuscita a farlo in un ambiente molto stimolante sia per quanto riguarda gli insegnanti che i colleghi.
Allo stesso tempo ho iniziato a creare una rete importante di contatti con il mondo dell’associazionismo interessandomi sempre di più al tema delle smart cities. Gli interessi universitari sono diventati anche interessi di vita.

Dopo la specialistica hai deciso di proseguire con un dottorato di ricerca.
Ho sempre amato studiare e ho sempre avuto la voglia di “saperne di più”, ma pensavo che il dottorato non facesse per me. Sono stati il mio relatore di tesi e mio padre ad incoraggiarmi. Ancora li ringrazio perché effettivamente è stata un’esperienza molto formativa.

Raccontaci della tua esperienza ad Oxford.
Quando durante il dottorato è arrivata la lettera che mi diceva che era stata accettata la mia domanda per il visiting ad Oxford è stato un sogno. Sono arrivata in un luogo dove il valore dato allo studio era incredibile. In un mondo in cui, a volte, c’è uno svilimento della cultura e della ricerca, la sensazione di vivere in una città votata alla produzione di conoscenza è stato per me un momento di vera ispirazione. C’era solo un problema.

Quale?
Che mi ero appena fidanzata e volevo tornare in Italia!

Nella foto: Focus Group nella cittadina di Kaolak, Senegal

Beh, anche le ragioni del cuore sono importanti! Tornata in Italia hai iniziato ad avvicinarti al Laboratorio Arco.

Sì e di Arco mi hanno subito colpito due cose. La prima è che fosse stato creato da professori ed ex studenti (in particolare Enrico Testi e Marco Bellucci con il Professor Biggeri) e questa nascita è veramente particolare nel mondo accademico che solitamente è più “gerarchico”. Impegnarsi a mettere le persone sullo stesso piano, a prescindere dai ruoli, è un valore importante per noi e ci accompagna in tutto quello che facciamo.
La seconda è l’idea di fare ricerca-azione. Questo significa uscire dalle mura universitarie e lavorare a progetti/ricerche che non abbiano come obiettivo solo la pubblicazione, ma i cambiamenti della società.

Il laboratorio Arco è una realtà importante a livello italiano e sicuramente uno dei laboratori di punta del PIN. Oggi siete venti persone organizzate in 5 diverse unità. Ogni anno il vostro team porta avanti azioni di sviluppo e cooperazione internazionale in tutto il mondo. Vuoi raccontarci il progetto che più ha contribuito alla tua crescita personale e professionale?
Sicuramente l’esperienza in Senegal durante la quale ho lavorato ad un progetto di Bilancio di genere. Il Senegal da vari anni sta facendo una strategia di gender mainstreaming per migliorare le condizioni delle donne in ambito sanitario.
L’agenzia italiana per la cooperazione e lo sviluppo sostiene questo tipo di azione e ha finanziato vari progetti. Io ed il mio team ci siamo occupati della sperimentazione di bilancio di genere in una cittadina che si chiama Kaolak.

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